Noi. Dentro i fiumi della Storia

Nulla è mai sicuro. Nulla è mai stabile, statico, tranquillo, in questo nostro mondo che credemmo globalizzato, e nell’illusione che la vita scorresse placida.

Nulla è sicuro, nel mondo dell’umano; nell’interazione continua tra i popoli, tra gli stridori di classe e di casta, promesse mancate, croniche o improvvise povertà.

E ancora come sempre, vita e morte si misurano, si gareggiano, e fronteggiano implacabili le forze brutali amplificate dai mezzi che smisurate ricchezze facilitano,
poteri occulti o terribili armi che siano.

Noi, i piccoli, i pensanti, i desiderosi di pace, saggezza e onestà,
ancora attendiamo.

Di caute e condivise volontà, sgomenti ma uniti. Qualsiasi il mezzo per comunicarci l’ansia, o l’azione.

Noi. Dentro i fiumi della Storia
non possiamo tacere.

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Grida il sangue degli uccisi

E’ triste associare l’ultimo giorno dell’anno con un evento tragico. E’ ancor più triste constatare che anche quest’anno che va terminando ha portato con sé la sua storia di morti, distruzioni e atrocità.

Pur consapevole della grande discordanza che oso qui portare, dal clima di festa che riempie queste ultime ore del 2010, non posso non pensare a come in tante parti del mondo oggi è un giorno come tutti gli altri, e dove c’è guerra si muore anche a Capodanno.

Dal “Centro di ricerca per la pace” di Viterbo ecco allora una riflessione. Amara, tragica quanto volete, ma reale e quanto mai attuale. Auguriamoci solo che l’anno che verrà arrivi a portare soluzioni razionali e pacifiche ai tanti conflitti in corso.

GRIDA IL SANGUE DEGLI UCCISI

Ancora un italiano ucciso in Afghanistan. Affratellato nella morte agli innumerevoli afgani anch’essi uccisi. Uccisi tutti dalla guerra assassina.

Una guerra alla quale la Costituzione della Repubblica Italiana proibisce all’Italia di partecipare.
Una guerra insensata che si prolunga di fatto da due generazioni.
Una guerra che potrebbe cessare immediatamente, se solo la comunità internazionale si decidesse a recare aiuti umanitari invece che guerra ai popoli oppressi, oppressi dal terrorismo e dal maschilismo assassini, dall’imperialismo e dal razzismo assassini, dalla mafia e dal totalitarismo assassini.

La pace si costruisce con mezzi di pace.
La democrazia si promuove con la democrazia.
I diritti umani si difendono rispettando i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Il primo diritto umano e’ il diritto a non essere uccisi.

Cessi la guerra nemica dell’umanita’.
Occorre la pace, il disarmo, la smilitarizzazione dei confltti.
Solo la pace salva le vite.
Vi e’ una sola umanita’.

Cessi immediatamente la partecipazione italiana alla guerra e si adoperi immediatamente l’Italia per la pace con mezzi di pace.
Grida il sangue degli uccisi.

Peppe Sini
responsabile del “Centro di ricerca per la pace” di Viterbo

Viterbo, 31 dicembre 2010

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Una rivoluzione in atto?

Chi già certe cose le intuiva, adesso (almeno per adesso) le sa. Chi – forse con troppa disinvoltura, ma si sa, i rivoluzionari, o si espongono al 100% o ci giocano, in quel ruolo – ha voluto (e potuto!) divulgare al mondo le verità di coloro che per i “Grandi del mondo” osservano e valutano, credo abbia svolto un grande servizio all’idea magari utopica di una informazione aperta e corretta. In un’utopia di mondo al di sopra degli Stati, magari; dove la comunicazione (e quindi, la sincera informazione senza confini, retoriche e ipocrisie) è il filo trainante e legante le tante realtà, culture e apparenti diversità che nella vita reale sembrerebbero separare in isole distanti quello che ancora per molti di noi è il “pianeta uomo”.

A dire il vero già nei meccanismi della Rete questa Utopia è realizzata. Quando opinioni, consigli tecnici e non, botta-e-risposta di individui fatti parola-e-pensiero guizzano all’istante rimbalzando e liberando dal rigore di matematiche consuete le percezioni usuali di spazio-tempo, quando l’esperienza dei milioni di internauti dell’era attuale sorpassa inutili barriere nazionali e anche linguistiche e costruisce nella pratica quotidiana ciò che tanti teorici del vivere fraterno avevano sognato, ecco che qualcosa di nuovo si crea. E posso intuire allora che proprio in questo mondo dilatato, dalla mente di qualcuno sia potuto nascere un progetto, qualcosa di inverosimile o di pazzesco secondo il metro comune ma che in realtà è naturale conseguenza di questo processo di “liberazione” in atto.

Julian Assange, ha fatto un passo troppo azzardato per questa epoca? I tempi e i momenti della sua azione erano quelli giusti? Nel futuro che verrà lo sapremo meglio. Ma sempre nel futuro che verrà, probabilmente il suo nome sarà associato a quello di altri personaggi che nel passato hanno cambiato per sempre i percorsi dei loro popoli, penso a Nelson Mandela, a Gandhi. Per il “popolo della Rete” di oggi, nel mondo dilatato senza confini a cui siamo già abituati a stare, l’azione di Wikileaks sa di scrollone benefico atto a toglier di dosso dal vecchio mondo giochi di bugie, ipocrisie e violenze che noi “nuovi cittadini” non possiamo più accettare. Una “rivoluzione” senza spargimento di sangue e che dovrebbe rasserenare quanti tra i Potenti sanno di avere agito con trasparenza e senza intrighi. E se le Ragioni di Stato vollero decidere altrimenti, perché non cambiarne le regole? E se i profondi interessi di tanti leader assommano potere e conquista economica globale danneggiando popoli ed ecosistemi, perché non darne notizia nei dettagli?

Nel mondo della comunicazione globale si finisce per saper tutto di tutto. Finzione e ipocrisia non vanno più tanto lontano. E magari è un bene, per noi cittadini del mondo e della Rete, consapevoli, preoccupati e allarmati per le sorti del nostro piccolo e popoloso pianeta. E se questo ha le sembianze di una rivoluzione in atto, why not?

NOTA: questo articolo è pubblicato come Altro Editoriale
nel sito www.peacelink.it
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