The humanitarian impact of nuclear weapons

Dopo Oslo, ecco la seconda conferenza sulle conseguenze umanitarie di un possibile conflitto nucleare. Questa volta è il governo messicano a offrire la sede e l’ospitalità.

Un anno dopo. La conferenza di Oslo “Humanitarian Impact of Nuclear Weapons” per la prima volta portò al mondo un approccio totalmente diverso sui temi del disarmo atomico. Al termine degli incontri di Oslo, coronati da un enorme successo di interesse internazionale e di riscontri positivi da parte di governi, ONG e altri partner della Società Civile, venne annunciato un secondo appuntamento, questa volta a Nayarit, nel Messico.

Ed ecco adesso raccogliere il testimone la seconda Conferenza sull’impatto umanitario di un possibile conflitto nucleare, aperta proprio quest’oggi a Nuevo Vallarta, Nayarit (Messico).

Così scrive la Segreteria del Ministero per gli Affari Esteri messicano, nella pagina di presentazione ed invito alla Conferenza: E’ importante approfondire la nostra comprensione degli effetti delle armi nucleari, legando le conseguenze – globali e a lungo termine – di una detonazione nucleare, accidentale o intenzionale, al punto di vista e alle variabili della società del 21° secolo. I governi, le organizzazioni internazionali e la Società Civile sono invitati a partecipare con delegazioni multisettoriali, a livello di esperti, con specialisti in settori quali la sanità pubblica o l’assistenza umanitaria, questioni ambientali e protezione civile, così come diplomatici e militari esperti.

E l’invito, a quanto pare, è stato accolto.

Vedi “Si conclude la Conferenza di Nayarit” dal sito www.peacelink.it

Mentre qui sotto ecco il video presentato alla Conferenza e  prodotto da ICAN come “Statement multimediale”

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The Nobel Peace Prize 2013

Si potrebbe quasi dire, finalmente ne hanno fatta una giusta…

Dimentichiamoci una volta tanto il nome di altri precedenti Nobel Laureates, rispecchianti più qualche esigenza politica o di equilibrio internazionale piuttosto che l’ultima volontà di Alfred Nobel. Perché l’assegnazione del Nobel Peace Prize di quest’anno sembra aver premiato giustamente un’organizzazione in linea con quanto fu scritto nel suo testamento.

Ricordo quanto scrissi tre anni fa – dopo l’assegnazione del Nobel a Liu Xiaobo, scrittore e critico cinese perseguitato e arrestato dal regime – riportando la riflessione di Fredrik Heffermehl, avvocato, scrittore e studioso pacifista norvegese: Alfred Nobel – scrive infatti Heffermehl nel suo libro The Nobel Peace Prize: What Nobel really wanted? – espresse chiaramente i suoi intenti nel testamento, indirizzando la scelta a singole persone che avessero svolto il miglior lavoro per favorire la fratellanza tra le nazioni, l’abolizione o la riduzione degli armamenti, la promozione di conferenze di pace. Una richiesta a cui le decisioni della commissione di Oslo si sono allineate solo in pochi casi dal secondo dopoguerra.

 Ma veniamo al 2013 e al riconoscimento assegnato a OPCW, Organization for the Prohibition of Chemical Weapons, per i suoi sforzi nell’eliminazione e distruzione degli arsenali chimici detenuti da numerosi Stati. Una scelta – qualcuno obietterebbe – dettata anche dalle vicende recenti della crisi siriana ma sicuramente utile e che potrebbe dare spinta ad altre azioni di Ban the bombs… Ricordiamo la presenza dei 19000 ordigni nucleari, ricordiamo la possibile esistenza di armi batteriologiche… tutte queste, Armi di Distruzione di Massa, accomunate dalla comune facoltà – a prescindere dagli effetti diversificati ma spaventosi – di colpire tutto e tutti senza distinzione alcuna, fino alla cessazione possibile dell’intera vita sul pianeta.

 E allora ben vengano organizzazioni come questa. E ben vengano i riconoscimenti dalla Commissione di Oslo, purché – come in questo caso – mirati efficacemente a quanto Alfred Nobel ebbe a sottolineare nel suo prezioso testamento.

Per approfondire:

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Richard Stallman a Firenze

Invitato da Solidarius Italia, di cui è stata organizzatrice dell’evento nell’ambito delle attività del Distretto di Economia Solidale (DES) di Firenze, Stallman, uno dei fondatori della Free Software Foundation (FSF), ha discusso lungamente sull’importanza dell’uso del software libero, anche per evitare (o limitare) i rischi derivati da un controllo occulto da parte di “poteri forti” o di aziende e organizzazioni, che attraverso programmi o servizi “nascosti” possono intercettare dati personali ad insaputa dell’utilizzatore. Questo rischio fa sì che la grande e crescente potenzialità delle risorse tecnologiche nella nostra “era digitale” ne facciano diventare un’arma a doppio taglio.

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