Quanto vale una vita?

Questo testo è stato scritto a margine di una notizia finalmente positiva: il 23 ottobre in Brasile uno storico referendum chiedera’ all’intera popolazione di decidere se cessare di mettere armi a disposizione degli assassini. Di decidere se salvare la vita a innumerevoli persone.
Un “sì” ideale in appoggio a quanti voteranno al referendum è e sarà proposto anche da tanti di noi, con l’impegno affinché la circolazione e il commercio delle armi venga fortemente limitato anche nei nostri Paesi occidentali…
Il mio “sì” compare qui sotto nel “Leggi tutto”, oltre che nel numero di oggi del quotidiano telematico “La nonviolenza e’ in cammino”.

Quanto vale una vita?
Proviamo a immaginare una morte.
Gli occhi della propria coscienza che si spengono in un colpo, e fili di anni e anni di storia del se’ che svaniscono all’improvviso.
Un uomo che non e’ piu’.
*
Quanto vale una vita, nei tempi della cronaca spicciola delle morti sempre ripetute, banalizzate, e poi disperse dalle cellule della memoria oramai incapace a fissare nel proprio cuore quei frammenti di sentimento che pure erano e sono ancora dell’uomo?
Quanto vale…
*
Ed ecco un passo al contrario pero’, sussurro dai meandri dei media globalizzati. Una notizia non-notizia che si fa notizia vera, e vera di speranza.
Si’, quando la morte e’ da altri voluta, vita assassinata dalle protesi di morte, inventate dall’uomo-caino fin dai primordi dei secoli dei secoli. Le armi che aiutano ad uccidere. Eppure…
Eppure queste protesi di morte, eccola la notizia, vietate, regolamentate con maggiore efficacia, una “Campagna per il disarmo” in un Paese che non e’ di quelli sulla bocca di tutti, eppure…
Una notizia non-notizia che si fa notizia vera, e vera di speranza.
E le statistiche in un sussulto, numeri in crescita di vite risparmiate.
*
Globalizziamone il contenuto, diffondiamone lo spirito.
Dal Brasile, Sud America; terre di speranza di un’umanita’ diversa dai binari dritti del solito qualunque Occidente banalizzato.
Una notizia di speranza, chissa’…

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In memoria di frère Roger, fondatore della comunità di Taizé

… Di tutto questo credo che saremo debitori, noi che dagli imprevedibili fili di conoscenza e di amore che ci legano abbiamo ricevuto semi di speranza, anche all’anziano fratello Roger di cui apprendiamo con dolore la notizia della sua scomparsa: una morte violenta per mano di uno squilibrato, ieri sera 16 agosto, nell’ora della preghiera.


Erano i tempi delle esperienze di vita comunitaria che sbocciavano dai semi di un desiderio di Vangelo più autentico. Noi ragazzi forse idealizzando, ammiravamo e sognavamo quei luoghi dove esse si manifestavano, i cui nomi di voce in voce passavano tra noi.
Camaldoli, Assisi, Loppiano, Taizé… e poi le testimonianze di povertà voluta assieme ai poveri, per la giustizia dei poveri attraverso la condivisione dei bisogni.
L’Abbé Pierre, Helder Camara… Erano i testimoni del cristianesimo rinnovato, che nella mente di noi giovani, forse alimentati anche dalla consapevolezza che la sorte del mondo poteva cambiare – il Sessantotto ancora spingeva, attraverso il rivolgimento anche in noi stessi e nella nostra mentalità rinnovata di “cittadini del mondo” – miscelavano le istanze “rivoluzionarie” che vivevamo, con la stessa “rivoluzione” cristiana dell’appena concluso Concilio Ecumenico.

Taizé nacque però prima; frère Roger fondò la comunità di preghiera, sulle colline della Borgogna, già nel 1940. Una comunità ecumenica, formata da fratelli di tante nazioni, vita semplice casta e dedita alla preghiera e alla condivisione dei beni; una intuizione che precorreva i tempi e le stesse istanze scaturite dal Concilio, di avvicinamento all’essenzialità del messaggio di Cristo e all’attenzione costante verso i poveri e i gravi bisogni dell’umanità.
Se Dio esiste e ha a cuore le sorti dell’umano, credo che il suo lavoro si manifesti man mano anche attraverso le felici intuizioni di personaggi poco conosciuti dai media ma portatori di piccole rivoluzioni nel cuore e nel comportamento di coloro che via via vengono loro a contatto. Di giovani e meno giovani che poi magari ritornano nella realtà di tutti i giorni; pregni però di quel cambiamento che nel loro cuore non verrà mai meno, e si rispecchierà nella propria vita e nelle azioni del quotidiano.

Di tutto questo credo che saremo debitori, noi che dagli imprevedibili fili di conoscenza e di amore che ci legano abbiamo ricevuto semi di speranza, anche all’anziano fratello Roger di cui apprendiamo con dolore la notizia della sua scomparsa: una morte violenta per mano di uno squilibrato, ieri sera 16 agosto, nell’ora della preghiera.
E se è inconcepibile dalla mente umana il perché di un gesto così anomalo per la mitezza del personaggio, nell’oscura logica dei mille universi che ci circondano chissà che un senso invece lo abbia… noi piccoli umani possiamo adesso solo ricordarlo, e testimoniare e amare. Spiritualmente o anche “laicamente” nei gesti di giustizia e nella speranza mai tramontata di un mondo più equo e in armonia nell’umano e nella vita stessa del nostro piccolo e disperato pianeta.

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Tiziano Terzani: è gia passato un anno

Non è mio, una volta tanto, questo ricordo, ma di un caro amico che ne ha lasciato traccia nel sito di Peacelink, ed è stato immediato il mio volerne far parte anche in casamia.
Tiziano Terzani è stato viaggiatore e cronista curioso di tante terre e di tante culture, e soprattutto scrutatore dell’uomo e del suo profondo. Il commento di Alessio è un ricordo poetico che sottolinea proprio il suo non volersi limitare alle apparenze dell’uomo, e l’impegno in difesa dei popoli e della pace minacciata, che lo ha portato negli ultimi anni a viaggiare e incontrare tanti di noi; e il suo messaggio è stato ricevuto, e non sarà vano il suo ricordo.


1 agosto 2005
Caro Tiziano,
è già passato un anno. Un anno da quando il tuo ultimo giro di giostra è finito. Sembra di rivivere quei momenti ancora adesso. Chissà dove sei ora, se ci osservi, cosa pensi di quel che è accaduto in questo anno. Beslan, Baghdad, Kabul, Londra, Taba, Sharm El heik. Una grande scia di sangue che non cessa mai. In questi mesi tantissime volte siamo ritornati sui tuoi scritti, abbiamo cercato in essi conforto e speranza. Viviamo un’epoca particolare, in cui il concetto stesso di umanità è in discussione. Un’epoca in cui ci viene imposto di essere rapidi, efficienti, di apparire a tutti i costi. Davanti a tutto questo tu hai compiuto la scelta che appariva più azzardata. Hai deciso di non esserci più, di stare in silenzio. E così ti sei rifugiato sui monti a te cari del continente asiatico. Lì sei rimasto per anni. Solo dopo l’11 settembre hai sentito l’esigenza di scendere dai monti e di tornare a parlare. In questo breve periodo, fino all’anno scorso, le tue parole sono state importantissime, strada da seguire per sfuggire alla morsa dell’odio e della violenza. In molti in questi decenni hanno cercato di essere voce di chi non ha voce, dei perseguitati, degli oppressi, degli emarginati di una società sempre più escludente e alienante. Tu hai scelto una sfida ancora più difficile: hai donato la tua voce a quel che voce non ha mai avuto. Hai viaggiato, indagato, scrutato nell’animo umano. I tuoi libri, pensieri, testi e riflessioni sono stati un’unico immenso viaggio in quella parte di sé che l’uomo cerca di soffocare. Il tuo sguardo vigile e attento si è rivolto al cuore dell’uomo, alla sua intimità ed essenza. “Non si vede bene che col cuore, l’essenziale non è visibile agli occhi” diceva la volpe al Piccolo Principe nel capolavoro di Antoine de Saint Exupery. Ed allora tu hai scelto di non guardare quel che è fuori l’uomo, ma quel che è dentro di lui. I fumi dell’odio, dell’intolleranza, della violenza, dell’indifferenza. Da scacciare con la brezza gentile dell’apertura all’altro, della convivenza, della solidarietà. “La Pace è dentro di noi”.
Ciao Tiziano

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